Pinocchio e Collodi sul palcoscenico del mondo

9788855350969 0 500 0 75Editore: Bertoni editore
Genere: saggio
Data pubbl.: 2020

 

 

 

RASSEGNA STAMPA

https://ilpostodelleparole.it/category/rossana-dedola/
https://ilmanifesto.it/padri-e-radici-di-un-burattino/ 
http://www.adolgiso.it/public/cosmotaxi/202003archive001.asp 

lunedì, 2 marzo 2020

Pinocchio e Collodi (1)

Qui comincia, aprite l‘occhio, / l’avventura di Pinocchio, / burattino famosissimo / per il naso arcilunghissimo…”.
Mi piace cominciare queste note dedicate a un libro su Pinocchio con l’inizio della famosa Filastrocca che Gianni Rodari dedicò al più famoso burattino di tutti i tempi.
Personaggio che mi ha da sempre affascinato, conservo (miracolosamente, visti i tanti traslochi che nel corso degli anni ho subito più che voluti) ancora una copia delle sue Avventure illustrate da Attilio Mussino, Editore Marzocco, anno 1943. È stata una delle mie prime letture. Allora accadeva a tanti fra quelli nati come me negli anni ’40. Ero, però, destinato ad altri incontri col Burattino. Con Giorgio Manganelli in un’intervista girata per la tv sul suo “Pinocchio: un libro parallelo”, un burattino cupo e metaforico. Qualche tempo dopo fui regista a RadioRai di “Pinocchio con gli stivali” (Pinocchio fu interpretato da Dario Penne, voce protagonista del doppiaggio italiano d’oggi), atto unico affidatomi da Gigi Malerba tra la fine dei ’70 o i primi ’80, in un anno che non ricordo con precisione. Malerba fa evadere Pinocchio dalla cella 36 (o capitolo 36, ultimo del libro) immaginando che non gli “vada punto diventare un ragazzino perbene”. Da latitante cerca di nascondersi presso altre favole, ma non gli riesce perché non ha fatto i conti con le ferree strutture della morfologia della favola studiate da Propp.
Non basta. Altro incontro importante col Burattino quello favorito dal sodale Lamberto Pignotti – uno dei padri della poesia visiva, fondatore del Gruppo ’70 – con le sue vertiginose composizioni dedicate al libro di Collodi: “Il campo dei miracoli” (sta in “Parola per parola, diversamente”, edito da Marsilio). Lamberto opera una raffinata operazione, attraverso un montaggio di passi tratti da Pinocchio, in cui rigorosamente non ci sono aggiunte né interpolazioni, rivela così nuove epifanie linguistiche e stilistiche di quel capolavoro.
Negli anni ho chiesto a tanti, in programmi radiofonici e televisivi oppure conversazioni sul web, di esprimere un giudizio o un’immagine su Pinocchio. Ne cito adesso uno per tutti, appartiene alla fantasia del sociologo Derrick de Kerckhove che in quest’epoca delle “psicotecnologie” (copyright di de Kerckhove stesso) mi pare particolarmente adatto. Mi disse: “Sai Armando, mi piace immaginare quel burattino che torna meccanizzato nella valle del Po, al suo villaggio toscano, ancora agrario. Non si ritrova più nei ritmi della natura. Per tornare umano deve superare varie prove fino all’ultima passando attraverso il ventre della balena. Un Pinocchio 2.0 profilato da “Blade Runner” ad “Avatar”, a tanti altri film: “Atto di Forza”, “Essere John Malkovich”, “The Matrix”, “AI”, eccetera. Pinocchio dal passato al futuro”.

Mi sono avvicinato, quindi, con plurali curiosità a una pubblicazione che non mi ha deluso firmata com’è da una grande studiosa della letteratura italiana e che ha dedicato particolari, brillanti, studi a quel burattino e al suo autore: Rossana Dedola.
Già ricercatrice e docente della Scuola Normale di Pisa, analista didatta e supervisore dell’Istituto C. G. Jung e dell’International School of Analythical Psychology di Zurigo, ha pubblicato tra gli altri “La via dei simboli. Psicologia analitica e letteratura italiana” (Franco Angeli, Milano); “La musica dell’uomo solo. Saggi su Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia, Primo Levi e Giovanni Orelli” (Polistampa, Firenze); “Pinocchio e Collodi” (Bruno Mondadori, Milano); “La valigia delle Indie e altri bagagli” (Bruno Mondadori); Introduzione a Vivian Lamarque, “Poesie” (A. Mondadori, Milano); “Giuseppe Pontiggia. La letteratura e le cose essenziali che ci riguardano”, II ed. con Introduzione di Gianfranco Ravasi (Avagliano, Roma); “Roberto Innocenti. La mia vita in una fiaba” (Della Porta, Pisa); tr. francese Gallimard (Parigi), tr. spagnola, Kalandraka (Barcellona), “Grazia Deledda. I luoghi gli amori le opere” (Avagliano, Roma); Prefazione a Grazia Deledda, “Tutte le novelle”, v. II, (Il Maestrale, Nuoro).
Ha curato “Incollare mondi cucire parole. Blandiana Anedda Mezzaqui Gisiger” (ETS, Pisa).https://i.postimg.cc/VstLnLFf/Cop-Dedola.jpg
Adesso, con la casa editrice Bertoni ha pubblicato un poderoso saggio intitolato Pinocchio e Collodi Sul palcoscenico del mondo.
Ha scritto Paolo Fallai sul Corriere della Sera: «“La storia di un burattino che voleva diventare un bambino vero viene applaudita ancora oggi sui palcoscenici di tutto il mondo anche per merito di grandi illustratori, scrittori, artisti, scultori, registi, attori, che continuano a creare opere d’arte, pescando a piene mani da quel capolavoro”. Rossana Dedola torna ad occuparsi di Pinocchio riprendendo alcuni suoi saggi e aggiungendone di nuovi. Pinocchio non ha solo oscurato personaggi fiabeschi ma è giunto persino ad eclissare la fama del suo autore: Carlo Lorenzini, detto Collodi.

Diviso in tre parti, il libro riequilibra le sorti di autore e burattino, Collodi e Pinocchio. Nella prima parte l’autrice ripercorre la biografia di Collodi attraverso aneddoti, dettagli inediti, curiosità, testimonianze che fanno di lui una figura tutt’altro che marginale nel panorama letterario risorgimentale, dotata di grande umanità e umorismo.
La seconda parte è invece una puntuale rivisitazione della favola di Pinocchio in chiave psicoanalitica, che consente di entrare in contatto con la varietà di simboli e simbologie di cui la favola si compone.
Nella terza parte affronta la fortuna del libro nel mondo tra illustratori, artisti e registi».

Segue ora un incontro con Rossana Dedola.

postato lunedì, 2 marzo 2020 alle 07:19 :: permalink

Pinocchio e Collodi (2)

Rossana Dedola (in foto) ho rivolto alcune domande.
Com’è nato questo libro?
La mia avventura con le «Avventure di Pinocchio» è cominciata con gli illustratori di Pinocchio per un corso alla Normale di Pisa. Avrei dovuto occuparmi degli illustratori stranieri (dalla tedesca Friedrichsohn e dal lituano Kasparavicius al bulgaro Giuselev e tanti altri), ma proposi ai miei colleghi di parlare anche di un italiano, Roberto Innocenti, che allora in Italia era pressoché sconosciuto. Non era una scelta sbagliata, Roberto si considerava quasi straniero e si divertiva a ricordare che l’unico riconoscimento ufficiale venuto dall’Italia gli era stato dato dalla rivista “Lo straniero” di Goffredo Fofi. È stata una vera avventura inoltrarsi nel mondo dei grandi illustratori e in quello di Roberto Innocenti, con cui la collaborazione è andata avanti per anni ed è approdata al nostro «Entretiens avec Roberto Innocenti. Le cont de ma vie», uscito in Francia da Gallimard.

Quando poi mi sono occupata dell’autore Carlo Lorenzini, mi sono accorta degli avvenimenti straordinari che avevano attraversato la sua vita. Per esempio, i vari lutti da cui era stata funestata la sua infanzia, i problemi scolastici, l’aver vissuto per tutta la vita accanto ai marchesi Ginori che erano i padroni dei suoi genitori, la sua partecipazione a due guerre d’indipendenza eccetera. Non mi sembrava affatto una vita grigia e senza avventure, come qualcuno l’aveva definita. E ho anche capito che per scrivere sulla vita di un grande umorista mi sarei dovuta divertire anch’iohttps://i.postimg.cc/wMRBDYDy/Foto-Rossana-Dedola1.jpg

E come?

Per prima cosa, mi sono messa a camminare per le strade di Firenze e ho notato che ancora oggi si sente una forte differenza tra due strade vicinissime, via Taddea, dove Carlo era nato, e via de’ Ginori, dove si trova ancora il palazzo Ginori in cui i suoi genitori avevano lavorato come cuoco e come cameriera. E ho cominciato anche a chiedermi come poteva essere stata l’esperienza infantile del piccolo Carlo che aveva visto con gli occhi di un bambino il contrasto fortissimo tra la vita misera della propria famiglia e l’opulenza della nobiltà. Non nasceva proprio da qui la sua spinta inarrestabile a combattere contro una condizione di sudditanza e per la conquista invece di libertà e di diritti? Qui infatti c’è già tutto lo spirito di Pinocchio, il bisogno di cambiamento e di crescita che permette di venire fuori dalla condizione di burattino costretto a muoversi grazie a fili mossi dal burattinaio.

Già… ma perché Collodi, nonostante tanti tributi critici, non ha il posto che gli spetterebbe nella storia della letteratura italiana?

Collodi è stato considerato come un autore per bambini, ed è vero, lo è stato, per «Minuzzolo», «Giannettino» e per gli altri manuali scolastici, grazie ai quali ha avuto il grande merito di far echeggiare nelle tetre aule dell’Italia della sua epoca e delle epoche successive, ancora più tetre se non del tutto nere, grandi risate. «Pinocchio» invece è un grande classico della letteratura, ecco perché è limitativo relegarlo tra i banchi delle elementari, dimenticando che i suoi lettori sono sia grandi che piccini. È un libro inesauribile, tanto che ogni anno nel mondo grandi illustratori si misurano con le sue tante figure. Ma in Italia si studia ancora la storia della letteratura italiana? Non solo Collodi, nelle scuole italiane, anche le scrittrici sono bandite dai programmi scolastici, credo che sia presente solo Elsa Morante. Sarebbe una bella sfida far leggere ‘Le avventure’ alle superiori, anche sulla scia di altri libri molto belli, penso al libro di Giorgio Manganelli, «Pinocchio: un libro parallelo», al «Pinocchio con gli stivali» di Malerba, alle riflessioni di Paul Auster in «L’invenzione della solitudine».

Pinocchio personaggio d’innocenza anarchica è stato usato dalla propaganda fascista nelle cosiddette ‘pinocchiate’: “Pinocchio balilla”, “Pinocchio squadrista” e via via… Pinocchio può trasformarsi in figure anche lontane dalle sue origini?

Durante il fascismo si è compiuta un’operazione di pura propaganda, sfruttando il fascino del personaggio picaresco per tarparlo di tutto ciò che di inquientante, irridente e libertario poteva comunicare e per adattarlo a un modello, il balilla, addirittura il fascista, censurando il fatto che Pinocchio non vuole affatto conformarsi a un modello esteriore, non camminerebbe mai inquadrato a passo di marcia, ma corre sfrenatamente verso il futuro per diventare se stesso. La mancanza di libertà e di democrazia del fascismo e un superficiale gusto goliardico per la barzelletta facile è ciò che c’è di più lontano dall’umorismo geniale di Collodi, con cui ha sempre cercato di esprimere i suoi ideali democratici e anticlericali.

Il finale di Pinocchio vede contrastanti pareri.
Ma quel finale è di Collodi oppure no?

La discussione sul finale di Pinocchio riguarda solo l’Italia, all’estero nessuno lo ha mai messo in dubbio e, a scanso di equivoci, bisogna ricordare che sono anche le uniche pagine scritte da Collodi di suo pugno che sono arrivate sino a noi. Ma come si può pensare che un autore che ha creato un capolavoro indiscusso per l’umanità possa fallire così clamorosamente nel finale? E poi perché dovrebbe essere considerato un male diventare una persona perbene? Mi sembra che tutta questa discussione nasconda in realtà un forte tratto di infantilismo in chi pensa che sia un bene un ribellismo fine a se stesso che non permette di crescere, di cambiare, di diventare coscienti e di incidere sul proprio destino. Mi ricordo la forte impressione che mi fece vedere la scultura del neozelandese Ron Mueck dedicata a Pinocchio, un semplice bambinetto in slip dall’aria sbarazzina e fragile che si chiama Pinocchio, ne ho colto con emozione tutta la forza e la fragilità e ho capito che quello è il vero miracolo, non essere un burattino, ma un vero bambino.
L’artista francese Annette Messager, intervenendo più volte su Pinocchio, ha messo in scena la grande trasformazione del legno in organismo vivente, la fecondazione, la gestazione prima di essere precipitati nel mondo degli errori, dei fallimenti, delle conquiste e delle trasformazioni che è la vita umana.
Il libro di Collodi finisce con i puntini di sospensione, non sappiamo e non sapremo mai che cosa accadrà a Pinocchio dopo la parola “fine”, esattamente come nelle fiabe. Ma dopo aver scritto la parola “fine”, Collodi lo ha affidato all’umanità e alle interpretazioni che nelle epoche successive alla sua sarebbero state date alla sua creatura. E oggi possiamo dire che, entrando nell’epoca dell’intelligenza artificiale, anche la sua creatura pare destinata a nuovi mutamenti, se non a vere e proprie mutazioni.

Nell’ultima parte del libro illustri il Pinocchio al cinema, a teatro, in tv e nelle sue presenze negli spettacoli all’estero, anche in Oriente.
Come spieghi questa universalità del personaggio?

Mettendo in evidenza la distanza del testo di Carlo Collodi dalla prima versione cinematografica in cartoni animati, quella di Walt Disney, due studiosi americani hanno sottolineato la modernità del libro; nonostante la presenza di una pedagogia che si può considerare datata, Collodi riesce a rappresentare l’ambivalenza dei sentimenti, non una netta e chiara distinzione tra bene e male già data a priori e a cui basta adattarsi, ma la difficile ricerca della propria strada personale irta di errori, di ripensamenti, di delusioni. Accanto al piccolo Pinocchio, che sembra avere tutte le caratteristiche del ‘Puer’ di cui parla la psicologia del profondo, l’ingenuità, il coraggio, l’onnipotenza, la mancanza di inibizioni, la voglia sfrenata, c’è il vecchio, il ‘Senex’ Geppetto, che invece appare contrassegnato da forti limiti, e proprio questa coppia di opposti mostra in modo straordinario la difficoltà di diventare padri, di essere figli, e di diventare padri dei propri padri, come accade nel finale. Tutti nel mondo vi si possono riconoscere. Proprio l’attenzione per la dimensione della vecchiaia ha avuto un forte impatto per esempio in Giappone dove è da mesi in cartellone uno spettacolo teatrale tratto da Pinocchio con la regia della regista italiana Teresa Ludovico…

Il burattino diventato cittadino del mondo

… sì, il burattino di Collodi è diventato cittadino del mondo ed è per questo che nelle diverse culture i traduttori si sono sforzati per rendere la traduzione molto vicina alla cultura e alle usanze del proprio paese. Nei paesi arabi, dove non ci sono grilli, il Grillo parlante è diventato uno scarabeo, in India, dove non si mangia la polenta, la parrucca di Geppetto è arancione come un cibo indiano. L’ edizione illustrata di Roberto Innocenti ha avuto il grande merito di riproporre nel mondo la versione originaria e di porsi come alternativa mondiale alla versione americana di Disney dove le contraddizioni profonde dell’essere umano sono bandite.

I tempi di edizione non hanno permesso di conoscere nel libro il tuo pensiero sul recente Pinocchio di Matteo Garrone. Quale giudizio ne dai

Mi ha colpito molto quanto Garrone sia rimasto fedele alla versione originale rispetto ad altre recenti trasposizioni cinematografiche straniere. Ho trovato molto affascinanti il Giudice scimmione, la Lumaca, il Gatto e la Volpe. Pinocchio, invece, prima della sua trasformazione in bambino, mi è sembrato un po’ troppo “legnoso”, ma ho l’impressione che fosse proprio quello che intendeva trasmettere il regista, il piccolo attore ha dovuto sottoporsi a un trucco durato ore. Nel testo collodiano Pinocchio è invece un po’ più duttile, è lui stesso a sentirsi a volte come un ragazzino, oppure sono gli altri che lo considerano un ragazzo. Mimmo Paladino ha realizzato una scultura in cui si percepisce nel legno del burattino lanciato in una corsa sfrenata la presenza umana nel particolare della mano perfettamente formata. È affascinante, inquietante e sta già correndo verso il futuro.
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Rossana Dedola
Pinocchio e Collodi
Pagine 282, Euro 18,00
Bertoni Editore

postato lunedì, 2 marzo 2020 alle 07:15 :: permalink

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Marisa Cecchetti. “Pinocchio e Collodi sul palcoscenico del mondo” di Rossana Dedola

17 Marzo 2020

Rossana Dedola

Pinocchio e Collodi sul palcoscenico del mondo

Bertoni editore, 2019, pp. 282, € 18,00.

Un percorso completo e coinvolgente in ogni sua parte, quello che ci offre Rossana Dedola –già ricercatrice e docente della Scuola Normale di Pisa– con Pinocchio e Collodi sul palcoscenico del mondo, che mostra la passione e la competenza della autrice: bello come un romanzo intrigante, fresco della piacevolezza di brani tratti dalle opere di Lorenzini (1826 – 1890).

È passato molto tempo prima che qualche critico –Fernando Tempesti, Roberto Bertacchini, Daniela Marcheschi– alla fine del secolo scorso abbia recuperato la figura di Collodi, che era stata lasciata in ombra dal suo burattino, nella opinione comune che Lorenzini abbia avuto una vita di scarso interesse.

Scrive la Dedola in prefazione: «Per ricostruire le vicende biografiche dell’autore ho deciso di seguire un percorso che permette di enucleare alcuni tratti di fondo della personalità di Carlo Collodi e che conduce verso alcune strade di Firenze: via Taddea, dove Carlo è nato, via de’ Ginori, di cui la prima strada è la traversa, sino a via Rondinelli, dove si è svolta gran parte della sua esistenza e dove si è conclusa. Il lettore incontra Carlo Collodi anche sui campi di battaglia delle guerre dì indipendenza, si diverte con lui leggendo gli esilaranti articoli de “Il Lampione”, lo vede alla prese con tutti i problemi dell’Italia unita e con il suo profondo desiderio di insegnare la lingua italiana ai piccoli scolari italiani facendo ridere e riflettere».

L’essersi soffermata sulla vita di Carlo Lorenzini, averlo contestualizzato nel periodo storico, averne sottolineato virtù e debolezze, rappresenta un elemento in più per capire la nascita e lo sviluppo della storia del burattino e dei personaggi che gli ruotano intorno: è come se quella storia fosse già dentro l’autore ed aspettasse solo di essere organizzata con fantasia.

La Dedola ne ripercorre la vita, nella sua formazione a contatto diretto con la famiglia Ginori a Firenze –la madre al servizio dei Garzoni di Collodi, il padre a servizio dei Ginori si sono incontrati in occasione delle nozze Garzoni-Ginori– e ne mette in rilievo il contrasto perennemente avvertito tra le sue umili origini e l’ambiente sociale che frequenta e da cui riceve aiuti per la sua formazione.

Non si sposa, vive situazioni sentimentali profonde, ama il gioco ed il bicchiere, sceglie di rimanere per lo più a casa della madre.

Giornalista arguto e ironico Collodi, che scelse questo nome nel rispetto della famiglia della madre, aveva già creato e fatto conoscere la figura di Giannettino, con l’obiettivo specifico di diffondere un metodo di insegnamento accattivante, ludico, spinto dalla fede profonda nell’Italia per la cui indipendenza aveva combattuto, e che doveva affrancarsi dall’analfabetismo.

Pinocchio, sordo alle regole, non ancora educato, facile credulone, diventerà bambino dopo aver sperimentato la vita sulla sua pelle, ma solo grazie al buon cuore, ormai capace di non farsi abbindolare, di perseguire una strada senza più incertezze, senza tornare indietro.

L’autrice ci offre una analisi approfondita dei personaggi – Geppetto, Mastro Ciliegia, la Fata, Mangiafuoco, il Gatto e la Volpe, e tutti gli altri, rilevandone la psicologia, il valore simbolico nonché facendo rimandi alla persona stessa dell’autore.

Vincente la scelta di riportare dei passi di ogni opera citata, di ogni fase del romanzo analizzato, che ripropongono, con grande piacere di chi legge, il linguaggio fluido, concreto, ammiccante di Collodi, innovatore nel suo genere ed espressione della ironia garbata toscana.

Importante la genesi del romanzo, prima pubblicato a puntate e finito con l’impiccagione di Pinocchio, poi sviluppato in seguito alle richieste dei piccoli lettori. Non di minore interesse le pagine sugli illustratori nel tempo, sui film, sul teatro, sull’arte rappresentativa, perché ogni artista ha dato una personale interpretazione al burattino ed alla storia, contribuendo alla sua diffusione a livello mondiale: «Si può inseguire Pinocchio sul palcoscenico del mondo, tra le tante bellissime immagini che, nei vari angoli del pianeta, grandi illustratori, artisti, registi e attori hanno creato, pescando a piene mani dal suo inesauribile capolavoro. E interrogarsi sul mistero dell’infanzia e della vita umana, e sul difficile, contradditorio, doloroso ed esaltante cammino della sua trasformazione».

«Tutto fa prevedere» scrive la Dedola «che anche nel futuro il sipario continuerà ad aprirsi su una storia nata dalla fantasia di Carlo Collodi e dalla sua penna nel lontano 1881».
Marisa Cecchetti

Rossana Dedola, «Pinocchio e Collodi sul … – Corriere

www.corriere.it › scuola › medie › cards › rossana-dedola-pinocchio-…

La Lettura – Corriere della Sera – #festadelpapà, Pinocchio e …

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